Sì all’utilizzo da parte della società trasferita della partita IVA già attribuita alla sua stabile organizzazione in Italia, previa comunicazione delle eventuali modifiche all’Amministrazione finanziaria con le formalità previste (art. 35, Dpr 633/72).
L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 800 del 3 dicembre 2021, dopo avere precisato ciò, ricorda che nell’ambito dell’ordinamento nazionale non esiste una norma che disciplini espressamente il trasferimento della sede legale di una società all’estero e viceversa.
Tuttavia, in ossequio al principio di reciprocità previsto dall’articolo 16 delle preleggi del Codice Civile – a mente del quale alle società straniere sono riconosciuti gli stessi diritti previsti per le società italiane se il loro paese d’origine riconosce tali diritti anche in favore delle società italiane – nonché di quanto disposto dall’articolo 25, comma 3 della legge 31 maggio 1995, n. 218 – secondo cui «I trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati» – da un punto di vista civilistico, il trasferimento della sede legale in Italia di un soggetto estero può avvenire in continuità giuridica, senza generare alcuna estinzione o liquidazione, purché tale continuità sia riconosciuta anche nello Stato estero di provenienza, ovvero è necessario che il trasferimento della sede legale all’estero non costituisca in detto Paese un evento estintivo (cfr la risoluzione n. 9 del 17 gennaio 2006).
Pertanto, una volta appurata la possibilità di nazionalizzare la società estera, con sede legale in […], in regime di continuità, e fatti salvi gli effetti ai fini dell’imposizione diretta e indiretta di tale operazione di riorganizzazione aziendale transfrontaliera (in merito alla quale l’istante non pone alcun quesito e che, pertanto non sarà oggetto di approfondimento in sede d’interpello), non si ravvisano specifici impedimenti all’utilizzo da parte della società trasferita della partita IVA già attribuita alla sua stabile organizzazione in Italia, previa la comunicazione delle eventuali modifiche da eseguire ai sensi dell’articolo 35 del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633. Tale soluzione è, peraltro, in linea con quanto già detto con le risposte ad interpello n. 73 e n. 336, pubblicate rispettivamente il 20 novembre 2018 e il 10 settembre 2020 nell’apposita sezione del sito, ove, specularmente, è stata ammessa la possibilità per una stabile organizzazione di una società italiana trasferitasi all’estero, di continuare ad operare in continuità in Italia con il codice fiscale e la partita IVA già appartenuti alla società.