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Studio Coppola & Partners
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Sostituzione del regime Patent Box e “sanatoria” del bonus R&S

Assonime, con la circolare n. 30 del 28 ottobre 2021, si è soffermata sul decreto legge n. 146 del 2021, fornendo le prime osservazioni sull’abrogazione del regime di Patent Box e “sanatoria” del credito d’imposta per ricerca e sviluppo.

Il decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146 (recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”) apporta rilevanti modifiche ai due suddetti regimi agevolativi di particolare interesse per le imprese.

Ci si riferisce, da un lato, alla procedura c.d. di “riversamento spontaneo” prevista ai commi 7 e ss. dell’art. 5 in favore dei contribuenti che hanno utilizzato in compensazione il credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo; procedura che, in sostanza, configura una sorta di “sanatoria” per i crediti indebitamente fruiti nei precedenti periodi di imposta.

Dall’altro lato, alla “sostituzione”, prevista dall’art. 6, del regime di Patent Box – regime introdotto dall’art. 1, commi 37-45, della legge di stabilità 2015 (L. 23 dicembre 2014, n. 190) e più volte modificato nel corso del tempo – con un nuovo regime agevolativo.

I titolari di reddito d’impresa potranno scegliere di applicare una maggiorazione del 90% ai costi di ricerca e sviluppo sostenuti per determinati beni immateriali impiegati nell’attività.

La semplificazione della disciplina, delineata dall’articolo 6 del decreto legge n. 146/2021, prevede anche il ritorno, tra i beni ammissibili all’agevolazione, dei marchi d’impresa che, dal 2017, erano stati esclusi dalla “vecchia” disciplina.

Per accedere al nuovo meccanismo, andrà esercitata apposita opzione, della durata di cinque anni, irrevocabile e rinnovabile.

La scelta rileva non solo ai fini delle imposte sui redditi, ma anche in sede di determinazione del valore della produzione netta ai fini dell’Irap.

Nuova e vecchia disciplina

Introdotto un nuovo regime di deducibilità potenziata dei costi di ricerca e sviluppo per beni immateriali, applicabile alle opzioni esercitate a partire dalla data di entrata in vigore della norma, ossia dal 22 ottobre 2021, giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta del “collegato fiscale”; chi decide di adottarlo non può fruire, per l’intera durata dell’opzione e in relazione ai medesimi costi, del credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo istituito dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 198 e seguenti, legge n. 160/2019).

È previsto che i titolari di reddito d’impresa – comprese le società non residenti in Italia, purché residenti in Paesi con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e con i quali esiste un effettivo scambio di informazioni – possono esprimere la scelta, valida per cinque periodi d’imposta, irrevocabile e rinnovabile, di maggiorare del 90% (tramite una variazione in diminuzione nella dichiarazione dei redditi) i costi di ricerca e sviluppo sostenuti in relazione a determinati beni intangibili utilizzati direttamente o indirettamente nello svolgimento della propria attività: software protetto da copyright, brevetti industriali, marchi d’impresa (precedentemente esclusi dalla vecchia disciplina per le opzioni esercitate a partire dal 2017, in ossequio alle direttive Ocse), disegni e modelli, nonché processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili.

I soggetti che esercitano l’opzione devono svolgere le attività di ricerca e sviluppo

– o internamente o anche mediante contratti di ricerca stipulati con società diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa ovvero con università o enti di ricerca e organismi equiparati -. finalizzate alla creazione e allo sviluppo dei beni agevolabili.

Il nuovo meccanismo prende il posto di quello in vigore fino a oggi, introdotto dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi da 37 a 45, legge n. 190/2014) e successivamente modificato dal decreto “Crescita” (articolo 4, Dl n. 34/2019), che ha inserito la possibilità di determinare direttamente il reddito agevolabile. Il regime, in estrema sintesi, consentiva a tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa, indipendentemente dalla natura giuridica, dalla dimensione e dal settore produttivo di appartenenza, la parziale detassazione dei proventi derivanti dallo sfruttamento dei citati beni immateriali.

In pratica, a seguito dell’opzione per il patent box, il 50% dei redditi provenienti da quei beni non concorreva alla formazione del reddito complessivo.

Con l’introduzione della nuova disciplina, vengono anche espressamente abrogate le disposizioni su ricordate, che regolavano il precedente meccanismo.

Opzione e documentazione

L’opzione, da esprimere secondo le modalità che saranno individuate da un provvedimento dell’Agenzia delle entrate, ha efficacia non solo ai fini delle imposte sui redditi, ma rileva anche per la determinazione del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive.

Le informazioni necessarie alla determinazione della maggiorazione dovranno essere indicate in idonea documentazione, da predisporre secondo quanto previsto dalla stessa Agenzia.

In caso di rettifica da cui emerge una maggiore imposta o una differenza di credito, non verrà applicata la sanzione per infedele dichiarazione (articolo 1, comma 2, Dlgs n. 471/1997) se, in sede di accesso, ispezione, verifica o altra attività istruttoria, il contribuente consegna la documentazione idonea a consentire il riscontro della corretta maggiorazione.

Il possesso della documentazione prevista dal provvedimento delle Entrate andrà comunicato al Fisco nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta per il quale si beneficia dell’agevolazione; in assenza di tale comunicazione, se la maggiorazione viene rettificata, si applica la citata sanzione.

Cambio di regime

Coloro che hanno esercitato la vecchia opzione in base alla legge n. 190/2014 prima dell’entrata in vigore del “collegato fiscale” potranno aderire al nuovo regime, dandone comunicazione all’Agenzia delle entrate secondo le modalità che la stessa stabilirà con provvedimento.

Tali soggetti fino al periodo d’imposta 2024 non sono obbligati ad adottare la nuova disciplina; invece, dall’annualità successiva, potranno eventualmente usufruire soltanto del meccanismo definito dal decreto legge 146/2021.

Il passaggio dal vecchio al nuovo regime del patent box non è consentito a chi ha scelto il criterio di autoliquidazione disciplinato dal Dl n. 34/2019 né ai soggetti che hanno presentato istanza di ruling internazionale (articolo 31-ter, Dpr n. 600/1973) ovvero istanza di rinnovo e, a conclusione di tali procedure, hanno sottoscritto un accordo preventivo con l’Agenzia delle entrate; se l’accordo non è stato ancora sottoscritto, è possibile optare per la nuova deduzione maggiorata, comunicando, con modalità che saranno stabilite con provvedimento delle Entrate, la volontà di rinuncia alla procedura di accordo preventivo o di rinnovo della stessa.

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