L’emanazione del decreto Ristori e poi del successivo decreto Ristori Bis ed anche le variazioni delle misure di allerta per emergenza Coronavirus delle diverse regioni hanno scatenato dubbi sulla scadenza di lunedì 16 novembre. In questo articolo analizziamo la posizione dell’INPS sulla sospensione delle scadenze contributive, anche di artigiani e commercianti.Come anticipato nel precedente articolo, il decreto cosiddetto Ristori bis (art. 13, comma 1, DL 149/2020) è intervenuto in materia di slittamento di alcuni contributi in scadenza lunedì 16. A seguito di tale novità, l’Inps ha emanato unacircolare che di seguito esaminiamo nei punti essenziali.Sospensione dei contributi: il cambiamento di criterio per il mese di novembre Tale norma ha ripreso, adattandola, quella già prevista, per altre categorie di soggetti, dal decreto ristoriD(L 137/2020). In particolare, la norma del testè citato precedente decreto, aveva previsto, per i datori di lavoro interessati dalle restrizioni di cui al DPCM 24/10/2020 che svolgono come attività prevalente una di quelle riferite ai codici ATECO riportati nell’Allegato 1 al decreto (ristori), la sospensione dei termini di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali INPS ed INAIL “dovuti per la competenza del mese di novembre 2020” .Il tenore letterale della norma era dunque chiaro: occorreva fare riferimento ai dati da indicare nel flusso Uniemens di novembre, la cui scadenza di versamento cadeva al 16/12/2020. Il successivo decreto Ristori bis ha invece cambiato criterio, facendo espressamente riferimento alla sospensione dei versamenti “dovuti nel mese di novembre 2020 di cui all’articolo 13 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137”.In altre parole, si è passati dalla sospensione di quanto dovuto in base alle retribuzioni del mese di novembre – da versare al 16/12/2020 – alla sospensione di quanto dovuto in base alle retribuzioni del mese di ottobre – da versare al 16/11/2020.L’estensione territoriale dei soggetti interessatiMa le novità del decreto ristori bis non si fermano a questa. Viene infatti esteso l’ambito applicativo della sospensione anche ai datori di lavoro appartenenti ai settori individuati nell’Allegato 2 al decreto, che abbiano unità produttive/operative nelle “aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto, individuate dalle ordinanze del Ministero della salute”. La norma viene riportata per evidenziare come dal suo tenore, sembrava ci si riferisse solo alle zone cosiddette “rosse”; invece, secondo l’INPS in tali aree rientrano non solo le sole “zone rosse” ma anche le “zone arancioni”.Applicazione oggettiva dei versamenti slittatiNella circolare rinveniamo poi una precisazione che ha giustamente riscontrato critiche. L’Istituto ha affermato infatti che nell’ambito della sospensione rientrano le rate (in scadenza nel mese di novembre) relative alle dilazioni dei debiti concesse dall’Inps in fase amministrativa (cosiddetti “avvisi bonari Inps”), ma – inspegabilmente – non rientra la terza rata dei versamenti dei contributi in scadenza da marzo a maggio, già sospesi dai precedenti decreti (DL Cura Italia, DL Liquidità e DL Rilancio), per il quale contribuente ha iniziato a versare al 16/9/2020 optando per la forma rateale, in 4 rate.Il “problema” IVSCome detto nell’articolo pubblicato giorno 11 scorso, la norma non fa alcun riferimento alla sospensione del versamento della terza rata dei contributi fissi IVS per artigiani e commercianti. Dal canto suo, nemmeno la circolare Inps fa alcun cenno.L’interpretazione letterale della norma faceva e fa propendere per la non applicabilità del rinvio anche a tali contributi, ma occorre rilevare altresì che, alla luce delle precedenti norme di sospensione introdotte nel periodo Covid, taluna dottrina ha ritenuto corretto (e chi scrive concorda con questa tesi) sostenere chela sospensione introdotta operi anche per la scadenza del 16/11/2020, semprechè ovviamente i contribuenti operino in settori di cui a una “zona rossa” o “arancio”. E’ appena il caso di rilevare che tale interpretazione trascinerebbe anche i contributi dei soci di società, e ovviamente in tal caso i requisiti andrebbero soddisfatti dalla società, e non dai soci.