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Le novità del DDL Bilancio 2021 per il lavoro

Il disegno di legge di Bilancio 2021 in discussione nelle aule parlamentari prende in considerazione diverse misure per il lavoro e per la gestione dei rapporti di lavoro. Ferma la provvisorietà delle misure finora inserite nella bozza, è bene comunque annoverare le novità più importanti che riguarderanno il lavoro dipendente e gli strumenti per tutelare l’occupazione nei prossimi mesi.

Novità del DDL Bilancio 2021 per il lavoro

Detrazioni sul lavoro dipendente: bonus 100 euro anche per il 2021

Tra le novità del ddl bilancio 2021, sicuramente va segnalata una disposizione che riguarda le detrazioni sul lavoro dipendente.

Infatti l’articolo 3 della bozza del ddl Bilancio presentato il 18 novembre 2020 e attualmente in discussione, prevede che sia confermata la detrazione che spetta ai percettori di reddito

di lavoro dipendente (e anche a talune fattispecie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente), prevista dall’articolo 2 del Decreto Legge n. 3 del 5 febbraio 2020 per il secondo semestre 2020, vale a dire l’importo di detrazione pari a 600,00 euro in corrispondenza di un

reddito complessivo fino a 28.000,00 euro, che va a decrescere fino ad azzerarsi raggiungimento di un reddito pari a 40.000,00 euro.

Stiamo parlando della detrazione sostitutiva del cosiddetto “Bonus Renzi”, che ha portato nelle tasche dei lavoratori dipendenti un importo di 100 euro mensile.

All’interno della prossima Legge di Bilancio, tale misura – sperimentale per la seconda parte dell’anno 2020 – dovrebbe essere rinnovata, in attesa di una revisione strutturale del sistema delle detrazioni.

Tale detrazione spetta quindi:

ai titolari di reddito di lavoro dipendente (escluse pensioni e assegni ad esse equiparati);

ai titolari di specifiche categorie reddituali che sono assimilate a quelle da lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 50 del Tuir (ossia i compensi percepiti dai lavoratori soci

delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi ovvero delle cooperative agricole; le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di

lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità);

le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio, o sussidio per fini di studio e addestramento professionale, sempreché il beneficiario non sia legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante;

redditi a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta in relazione agli uffici di amministratore, sindaco, revisore di società, associazioni ed altri enti con o senza personalità giuridica; redditi percepiti per la collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, o per la partecipazione a collegi e commissioni;

remunerazioni dei sacerdoti;

prestazioni derivanti dall’adesione a forme pensionistiche complementari; compensi percepiti da soggetti impegnati in lavori socialmente utili.

Proroghe e rinnovi dei contratti a termine

All’interno del DDL di Bilancio 2021 sono previste novità per quanto riguarda proroghe e rinnovi dei contratti di lavoro a tempo determinato nel settore privato, prolungando dal 31 dicembre 2020 al 31 marzo 2021 il termine finale della disciplina transitoria di cui all’articolo 93 delDecreto Legge n. 34/2020: ciò consente ai contratti di lavoro dipendente a termine del settore privato che siano stati rinnovati o prorogati, di essere estesi per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del Decreto Legislativo n. 81/2015 e ss.mm., purché tali proroghe/rinnovi siano intervenuti entro il 31 marzo 2021.

Ciò significa che fino al 31 marzo 2021 sarà possibile effettuare una proroga o un rinnovo di un contratto a termine per un ulteriore anno senza che ricorrano le cosiddette “causali”, ossia:

esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività esigenze di sostituzione di altri lavoratori assenti; altre esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’ordinaria attività.

Divieto di licenziamento fino al 31 marzo 2021

Anche in materia di licenziamento sono previste delle novità all’interno del disegno di legge di Bilancio 2021 per il lavoro.

Infatti, con un ulteriore slittamento rispetto a quanto previsto dal D.L. n. 137/2020fi,no al 31 marzo 2021 resta preclusa ai datori di lavoro la possibilità di accedere alle procedure di licenziamento collettivo, ovvero di esercitare la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo (salve specifiche eccezioni).

Inoltre sono sempre sospese tutte le procedure di licenziamento che siano state avviate successivamente al 23 febbraio 2020 e le procedure già avviate inerenti all’esercizio della facoltà di recesso dal contratto per giustificato motivo oggettivo.

Ad ogni modo bisogna ricordare che nel caso di accordo collettivo aziendale stipulato da organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, sarà comunque possibile recedere, e a tali lavoratori verrà comunque riconosciuta l’indennità di disoccupazione NASpI.

Sul divieto di licenziamento in tempi di emergenza da Covid-19, puoi leggere anche:

“Il divieto di licenziamento economico ai tempi del Covid”

“Decreto Agosto e divieto (mobile) di licenziamento”

“Decreto Agosto: il punto in materia di licenziamento dopo la conversione in legge”

Trattamenti salariali per crisi aziendale

Oltre alle misure specificamente previste per la nuova occupazione stabile quali gli sgravi e gli incentivi alle assunzioni, sono previste altre misure che servono a “tamponare” in qualche modo le problematiche relative alle aziende che a causa della crisi derivante dall’emergenza sanitaria ricorrono al trattamento di integrazione salariale.

In particolare l’articolo 46 del disegno di legge proroga per il 2021e il 2022 la possibilità per le imprese di accedere atrattamenti straordinari di integrazione salariale per crisi aziendale in caso di cessazione di attività produttiva, per un periodo massimo di dodici mesi, allo scopo di gestire gli esuberi di personale.

Tale possibilità attualmente è prevista solamente fino alla fine del 2020, ma in caso di definitiva approvazione di tale disposizione nella nuova Legge di Bilancio, sarà estesa anche per i prossimi due anni.

Tale strumento permetterebbe di ottenere – anche in deroga ai limiti di durata massima per la cassa integrazione ordinaria e straordinaria – per un periodo massimo di 12 mesi l’intervento straordinario di integrazione salariale, se:

le aziende si trovano in una concreta prospettiva di cessione dell’attività con riassorbimento occupazionale;

è possibile realizzare interventi di reindustrializzazione del sito produttivo, mettendo in atto specifici percorsi di politica attiva del lavoro.

Il trattamento potrà essere concesso solo previo accordo presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Trattamenti di integrazione salariale

Tra le altre misure prese in considerazione da parte del Legislatore per la nuova Legge di Bilancio 2021, si hanno specifiche disposizioni che hanno come obiettivo quello di fronteggiare la particolare emergenza sanitaria che stiamo vivendo.

In particolar modo, la bozza del disegno di legge prevede che per quanto riguarda i trattamenti ordinari di integrazione salariale, gli assegni ordinari di integrazione salariale, i trattamenti di integrazione salariale in deroga già riconosciuti sulla base dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, essi possono essere estesi con ulteriori periodi di trattamento.

Infatti, in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa viene ammessa la possibilità di fruire di tali trattamenti per ulteriori 12 settimane:

nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e 31 marzo 2021 per quanto concerne i trattamenti di integrazione salariale ordinari;

nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e 30 giugno 2021 per gli assegni ordinari di integrazione salariale e per i fondi di solidarietà bilaterali istituiti presso l’INPS o presso i Fondi alternativi, così come per la CIGS in deroga;

Infine è concesso un ulteriore periodo di 90 giorni di trattamento di integrazione salariale nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2021 per i lavoratori dipendenti agricoli a tempo indeterminato (CISOA).

Esonero contributivo per chi non richiede i trattamenti di integrazione salariale

Sempre in relazione all’emergenza Covid-19 e ai trattamenti di integrazione salariale, si ribadisce che in favore dei datori di lavoro privati (ad esclusione dei datori di lavoro agricolo) che non ricorrono ai trattamenti di integrazione salariale, è previsto unesonero parziale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, che anche in questo caso viene ripreso dalla bozza della Legge di Bilancio, con unaestensione per un periodo massimo di 8 settimane fruibile entro il 31 marzo 2021.

Tale esonero è riconosciuto nei limiti delle ore di integrazione salariale riconosciute nei mesi di maggio e giugno 2020 ed è riparametrato e applicato su base mensile.

Novità 2021 per il lavoro: le pensioni

Per quanto riguarda le disposizioni in materia pensionistica, si prevede anche la proroga dell’Istituto sperimentale definito “Opzione donna”, ossia il pensionamento anticipato riservato

alle donne in presenza di specifici requisiti, estendendo la possibilità di fruizione di tale strumento anche per le lavoratrici che abbiano maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2020

(invece del termine precedente, previsto per il 31 dicembre 2019).

Così, le lavoratrici che hanno maturato entro il 31 dicembre 2020 un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e che hanno un’età anagrafica pari o superiore a:

58 anni per le lavoratrici dipendenti; 59 anni per le lavoratrici autonome;

avranno la possibilità di accedere alla pensione con anticipo, avvalendosi dell’opzione donna.

Anche la misura APE sociale, stante il testo in discussione, verrà prorogata per l’anno 2021. In tal modo i soggetti che:

si trovano in stato di disoccupazione a seguito della cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale;

assistono da almeno sei mesi un coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave;

hanno una diminuzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74%;

alla decorrenza dell’APE sociale svolgono mansioni gravose da almeno sette anni negli ultimi 10 ovvero da almeno sei anni negli ultimi sette;

se in possesso di almeno 36 anni di contribuzione e un’età anagrafica minima di 63 anni, potranno accedere a tale strumento.

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