Nel caso di sentenza non definitiva di annullamento di atti presupposti alla cartella esattoriale (IMU
e Tasi), non è ammessa la riscossione frazionata. Analizziamo la tematica della riscossione frazionata applicata ai tributi locali.
Riscossione frazionata: vale o no per i tributi locali?
Nel caso di sentenza non definitiva annullamento di atti presupposti alla cartella esattoriale (IMU e Tasi), non è ammessa la riscossione frazionata trattandosi di tributo locale.
Il principio di non ammissibilità della riscossione frazionata di tributo locale nella sentenza non
definitiva di annullamento di atti presupposti alla cartella esattoriale è contenuto nella recente sentenza n. 16/2020 della CTP Rieitda cui emerge che l’ufficio impositore può non tener conto di sentenze non definitive già emesse dall’organo giurisdizionale di primo grado impugnate dinanzi alla Commissioni tributaria regionale.
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“Riscossione frazionata o integrale del credito tributario comunale in pendenza di giudizio”
Riscossione frazionata: normativa di riferimento L’art. 68 del D.Lgs. n. 546 del 1992reca disposizioni in tema di pagamento del tributo in pendenza del processo, non indicando per quale tipo di imposta è ammesso il pagamento frazionato.
In particolare, tale norma prevede che gli atti impositivi per i quali è pendente il giudizio dinanzi alle CC.TT. sono oggetto, nei casi previsti, di una riscossione frazionata del quantum in essi definito, anche in deroga alle prescrizioni delle singole leggi di imposta.
Il tributo, con i relativi interessi, deve essere pagato per:
1. i due terzi, dopo la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale che respinge il ricorso;
2. l’ammontare risultante dalla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso;
3. il residuo ammontare determinato nella sentenza della Commissione Tributaria Regionale;
4. l’ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di primo grado dopo la sentenza della Cassazione di annullamento con rinvio, e per l’intero importo indicato nell’atto in caso di mancata riassunzione.
Sul tema vige il principio generale della immediata esecutività dell’atto impositivo, da qualunque organo dell’Amministrazione finanziaria provenga.
Tuttavia, nel caso in cui il contribuente presenta ricorso contro un accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate, in materia di imposte dirette o di Iva, è tenuto a pagare, provvisoriamente, a norma dell’articolo 15 del D.P.R. 29/9/1973, 602 soltanto un terzo dell’imposta pretesa dall’amministrazione finanziaria, con i relativi interessi.
A norma dell’articolo 19 del D.Lgs. 472/1997, anche le sanzioni sono sospese, fino alla sentenza di primo grado favorevole all’ufficio.
Nonostante esista l’obbligo del versamento del terzo entro sessanta giorni dalla notifica dell’atto impositivo, non si può parlare di una continuazione del contenzioso al pagamento di una parte o di tutto l’ammontare dell’imposta.
Proprio tale motivo il giudice delle leggi con sentenza n. 21/1961 ha dichiarato l’incostituzionalità della norma, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 Costituzione (cfr. Cassazione n. 5318 del 22 febbraio 2019).
Nel caso specificola società contribuente ha impugnato la cartella di pagamento con cui l’Agenzia delle entrate aveva richiesto il pagamento di IMU e Tasi dovute al Comune.
In particolare, la società ha eccepito la violazione dell’art. 68 D.Lgs n. 546/1992, il quale prevede la riscossione frazionata, in quanto la cartella di pagamento sarebbe stata emessa sulla base di due ruoli uno dei quali si fonderebbe su precedenti avvisi di accertamento parzialmente annullati dalla medesima Commissione tributaria.
I giudici di merito hanno ritenuto che in tema di contenzioso tributario, il citato art. 68, facendo caso ai soli “casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo”, non si applica ai tributi locali in quanto il pagamento frazionato non trova applicazione.
Anche nel caso de quo era stata emessa sentenza non definitiva di annullamento degli atti presupposti della cartella di pagamento, ma l’art. 68 che limita la possibilità di riscuotere i crediti durante la pendenza del giudizio, si riferisce ai casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo, presupponendo che sia stata emessa una sentenza non definitiva.
Non trova applicazione, pertanto, un diverso orientamento di legittimità secondo cui il pagamento del tributo deve essere eseguito nelle forme e nei limiti di cui al citato art. 68 in tutti
i casi, ed anche in deroga a leggi speciali riguardanti i singoli tributi che prevedono forme di frazionamento diverse, per il caso di pendenza di giudizio tributario, da quelle previste dai commi successivi del medesimo art. 68 (cfr. Cassazione n. 7831/2010).
Da ciò deriva che, ai fini dell’emissione della cartella di pagamento, l’agenzia delle entrate preposta alla riscossione poteva non tenere conto delle sentenze precedenti della stessa Commissione tributaria, impugnate dall’ente locale dinanzi alla Commissione di appello.
Pertanto, anche se l’avviso di accertamento viene impugnato, l’IMU e gli altri tributi locali si riscuoto per intero , non applicandosi a questi ultimi, a differenza dei tributi erariali, la c.d. riscossione frazionata in pendenza di giudizio.
Il contribuente è tenuto, quindi, a pagare per intero le somme accertate, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica dell’atto impositivo, a meno che non ottenga la sospensione dell’esecutività dell’atto medesimo dalla Commissione tributaria adita.
Giurisprudenza
In tema di contenzioso tributario la disposizione di cui all’art. 68, comma 1, del D.Lgs. n. 546/ 1992, riguardante il pagamento dei tributi in pendenza di processo, facendo riferimento ai soli “casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo”, non si applica all’ICI in quanto per tale tributo non opera l’istituto della riscossione frazionata previsto dalD.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, poi abrogato dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 37, sicché è legittima l’emissione della cartella di pagamento per l’intero anche nel corso del giudizio d’impugnazione del relativo avviso di accertamento (Cassazione n. 6701/2020).
In caso di contenzioso tributario relativo all’Ici le regole sulla riscossione frazionata del tributo non valgono, con la conseguenza che se il contribuente decide di impugnare l’atto impositivo è tenuto a pagare l’intera somma pretesa e non un terzo. (Cassazione n. 5318/2019)
In materia tributaria la riscossione frazionata, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, commi
1 e 2, nella formulazione modificata a decorrere dal 1 aprile 1998, riguarda anche le sanzioni pecuniarie.
La cartella di pagamento non poteva essere riferita all’importo dell’intero credito di imposta illegittimamente portato in compensazione di debiti per imposte sui redditi e per Iva, nonché agli interessi e alle sanzioni proporzionali a tale importo, ma doveva essere riferita, ai sensi dell’art. 68, comma 1, lett. a), ai due terzi del medesimo importo con corrispondente limitazione anche delle somme accessorie (Cassazione n. 29378/2019; n 32794/2018; n. 27867/2018).
Anche se l’avviso di accertamento viene impugnato, l’Ici e gli altri tributi locali si riscuotono per
intero; non si applica ai tributi locali, a differenza dei tributi erariali, la così detta “riscossione frazionata” in pendenza di giudizio.
Il contribuente è tenuto a pagare per intero le somme accertate, entro 60 giorni dalla notifica dell’atto impositivo (Cassazione n. 30170/2017).