In materia si è espressa l’Agenzia con risposta ad interpello n. 131/2021 proposto da una società istante in qualità di Toller la quale sosteneva che il “trasferimento” delle quote di emissione al Tollee fosse fuori campo Iva in quanto, sulla base delle clausole contrattuali sottoscritte, riteneva di essere il soggetto avente la gestione in senso sostanziale dell’impianto e a cui era attribuibile l’immissione dell’energia sul mercato, con conseguente individuazione solo nel Toller del soggetto tenuto ad assolvere l’obbligo di annullare le quote di emissione sia pure per il tramite del Tollee.
Per il Toller, quindi, tali circostanze ovvero la sola messa a disposizione delle quote, escludevano un trasferimento della loro proprietà al Tollee, non essendo il rapporto contrattuale di carattere reale (non dando luogo ad una permuta) bensì di natura obbligatoria, con obbligo del Tollee di annullare le quote fornitegli a tale scopo dal Toller in esecuzione del mandato.
Di opposto avviso l’Agenzia la quale, richiamando un suo precedente in merito alla qualificazione ai fini Iva delle quote di emissione (risoluzione 71/E/2009), ha precisato che le operazioni relative alle quote di emissione “in quanto riconducibili alle cessioni di diritti immateriali, si qualificano come prestazioni di servizio, ai sensi dell’articolo 3 comma 2, n. 2), del D.P.R. n. 633 del 1972”.
L’Agenzia ha poi aggiunto, in relazione al soggetto su cui ricade la responsabilità per l’annullamento delle quote di emissione che questa, visto l’impianto del D.Lgs. 30/2013, non può che ricadere su chi produce energia elettrica e gestisce materialmente l’impianto (Tollee), e non su chi, eventualmente, commercializzi o trasporti l’energia stessa (Toller), dal momento che ciò che rileva, per l’assolvimento degli obblighi ambientali, non è chi immette energia nella rete quanto chi emette gas a effetto serra all’atto di produrla ovvero il Tollee quale “gestore dell’impianto” obbligato a restituire all’Autorità competente le quote di emissioni.
Di qui la conclusione che il trasferimento delle quote al Tollee, unitamente al pagamento del tolling fee, sia parte del complessivo corrispettivo (in parte in natura e in parte in denaro) dovuto al Tollee per la prestazione di trasformazione del gas in energia elettrica, con conseguente applicazione, ai fini Iva, dell’articolo 11 D.P.R. 633/1972 per effetto del quale nell’ipotesi di operazioni permutative si prescinde dall’unitarietà del contratto stipulato tra le parti e ciascuna operazione – effettuata in corrispettivo di un’altra – deve essere assoggettata alla propria disciplina fiscale e la base imponibile delle singole operazioni deve essere ritenuta pari al valore normale dei beni o servizi che formano oggetto delle operazioni stesse.
Detta tesi non convince sia per l’espressa previsione contrattuale tra le parti (Toller e Tollee) per cui le quote erano rese disponibili gratuitamente al Tollee e senza, quindi, alcuna evidenza di ipotesi permutativa, sia anche per un’applicazione estensiva della corrispettività ai fini Iva, evidente nel pagamento del tolling fee, non anche nella “traditio” dei certificati verdi dal Toller al Tollee, sia, infine, a motivo del fatto che il soggetto “produttore”, nel tolling, non è mai proprietario del combustibile che trasforma per conto del Toller e per il quale consegna i certificati verdi.
In questo modo mancherebbe quel nesso di corrispettività ai fini Iva che la Corte di Giustizia ha sempre ritenuto indispensabile per evidenziare l’esistenza di una controprestazione.
Così ad esempio di recente, nel caso C-846/19, la Corte di Giustizia ha ribadito che la possibilità di qualificare una prestazione di servizi come operazione a titolo oneroso presuppone unicamente l’esistenza di un nesso diretto tra tale prestazione ed un corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo.
Siffatto nesso diretto esiste qualora tra il prestatore e il destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni e il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario (v. anche C‑174/14 punto 32, C-283/12 punto 37, C-412/03 punto 22, C-285/10 punto 25, C-37/08 punto 24, C- 520/10 punto 27).
Se è vero che il corrispettivo di una cessione/prestazione può consistere in un’analoga cessione/prestazione e costituirne la base imponibile ai sensi dell’articolo 73 della Direttiva 2006/112/CE, è indispensabile che esista sempre un nesso diretto tra le operazioni e che il loro valore possa essere espresso in denaro, anche nei contratti permutativi, nei quali il corrispettivo è per definizione in natura, i quali non divergono dalle operazioni per le quali il corrispettivo è in denaro, rappresentando entrambe, dal punto di vista economico e commerciale, due situazioni identiche.
Nel caso oggetto di interpello sembra mancare non solo l’onerosità quanto soprattutto la corrispettività della controprestazione (v. C-330/95 punti da 23 a 25, C-549/11 punto 35 e C-380/99 punto 17).