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I contratti di prossimità saranno realmente utili alla ripartenza?

Cosa sono i contratti di prossimità?

I contratti di prossimità rappresentano un tipo di contratto di secondo livello sottoscritto a livello territoriale o aziendale.

Tale tipo di contrattualistica può essere utile in fase di ripartenza pos Covid-19?

Le deroghe ai contratti collettivi nazionali di lavoro: i contratti di prossimità

La Legge consente ai datori di lavoro di derogare, entro determinati limiti e specifiche materie, le disposizioni di Legge e i contratti collettivi nazionali di lavoro mediante contratti collettivi sottoscritti a livello aziendale e territoriale detti anche contratti di prossimità (contratti “più prossimi”).

I contratti di prossimità[1] rappresentano quindi un tipo di contratto di secondo livello sottoscritto, a livello territoriale o aziendale, da organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda, siano esse rappresentanze sindacali aziendali (RSA[)2] purché costituite nell’ambito delle predette organizzazioni, siano esse rappresentanze sindacali unitarie (RSU), purché costituite in conformità delle regole stabilite dall’autonomia collettiva negli accordi interconfederali.

Le materie oggetto di possibili deroghe

Trattasi dunque di specifiche intese efficacia erga omnes mediante le quali è possibile derogare le norme di legge e le relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro, con riferimento a materie riguardanti l’organizzazione del lavoro e della produzione quali:

impianti audiovisivi e introduzione di nuove tecnologie;

mansioni del lavoratore, classificazione e inquadramento del personale;

contratti a termine, contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, regime della solidarietà negli appalti e casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;

disciplina dell’orario di lavoro;

modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative e le partite IVA, trasformazione e conversione dei contratti di lavoro, le conseguenze del recesso del rapporto di lavoro (fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio, il licenziamento della lavoratrice concomitante al matrimonio, licenziamento della lavoratrice dall’inizio della gravidanza fino ad un anno di età del bambino, licenziamento a causa della domanda o della fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino, in caso di adozione o affidamento).

Efficacia erga omnes dei contratti di prossimità

Per efficacia erga omnes si intende che gli accordi di prossimità, conformemente stipulati, sono vincolanti per tutti i lavoratori a condizione di essere sottoscritti sulla base di un criterio maggioritario da attuarsi con le OO.SS. legittimate a negoziare (organizzazioni comparativamente più rappresentative).

E’ chiaro d’altro canto che contratti sottoscritti da soggetti “non abilitati” non possono produrre gli effetti derogatori previsti dal legislatore.

Il contratto di prossimità rappresenta dunque uno strumento particolarmente efficace attraverso

il quale l’impresa può adattare gli istituti normativi e contrattuali alle proprie esigenze organizzative e gestionali, avvalendosi di una regolamentazione che sostituisce quanto previsto dalle disposizioni indicate dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro e di quelle legislative, purché nei limiti individuati dalla norma stessa.

Le limitazioni ai contratti di prossimità

Considerato che i contratti di prossimità conferiscono ai datori di lavoro una certa flessibilità tale da poter derogare anche in peius talune disposizioni di legge e di CCNL, sono inevitabili i suddetti limiti, quali:

1. sottoscrizione degli accordi nel rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro (4);

2. le specifiche intese devono essere finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, all’emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali ed occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività;

3. l’elencazione delle materie derogabili ha natura tassativa e non sono concessi ampliamenti attraverso il ricorso ad una interpretazione analogico-estensiva[5].

Esigenze organizzative e gestionali dell’impresa e finalità del Legislatore

Sostanzialmente l’accordo derogatorio può avviare una differenziazione nel trattamento dei lavoratori purché essa sia giustificata al proseguimento delle finalità individuate dal Legislatore.

Sarà poi il giudice a verificare che le deroghe alle norme legislative e ai CCNL contenute negli accordi costituiscano il mezzo per raggiungere almeno uno dei fini stabiliti dal Legislatore.

Affinché tali accordi siano validi non è sufficiente il mero richiamo in via generale alle finalità enunciate dalla legge, ma è necessario chele parti contraenti indichino precisamente le finalità perseguite e le circostanze di fatto che giustificano il ricorso al regime derogatorio[6].

La vaghezza della formulazione della norma, nella parte in cui si limita ad evocare clausole generali, impone alle parti stipulanti di precisare con il maggior dettaglio possibile gli obiettivi che si intendono perseguire.

La specificazione delle finalità è quindi rimessa alla libertà negoziale delle parti tenendo conto del contesto e degli obiettivi dell’intesa fissati nella premessa dell’accordo per cui, in assenza di tali condizioni, eventuali contratti di prossimità non potranno operare nei confronti delle parti.

Tutto ciò spiegherebbe anche per quale motivo sia da escludere che un accordo di prossimità possa rideterminare l’imponibile contributivo alla luce anche e soprattutto del dettato dell’art. 38 della Costituzione[7].

Il Ministero del Lavoro sui limiti relativi all’imponibile contributivo

In subiecta materia il Ministero del Lavoro[8] ha precisato che:

il trattamento minimo retributivo e la relativa determinazione dell’imponibile contributivo non è incluso tra le materie tassativamente indicate dalla norma dei contratti di prossimità e quindi non è assolutamente suscettibile di deroga;

nella stipula degli accordi di prossimità si deve avere riguardo alla tutela inderogabile, di rango  costituzionale, attribuita alla retribuzione ex art. 36 della Costituzione; gli accordi di prossimità non possono avere effetti nei confronti degli enti previdenziali, assistenziali e assicurativi.

Se quindi, nella pratica professionale, dovesse capitare di imbatterci in affermazioni di terzi circa la possibilità di derogare i contratti collettivi nazionali di lavoro con degli accordi di prossimità che mettano mano alla retribuzione dei dipendenti ricordiamoci che non è possibile, con un accordo di prossimità, ridurre il trattamento retributivo minimo perché sullo stesso è “tarato” l’imponibile contributivo.

Le intese di prossimità sono assolutamente inapplicabili ai fini dell’assolvimento dell’obbligazione contributiva la quale origina dalla Legge e quindi non può essere oggetto di diversa o differente applicazione per effetto di un accordo fra le parti.

Sarebbe invece possibile, in linea di principio, abolire per esempio i superminimi a tutti i dipendenti (dissenzienti e non), senza che la revoca debba essere accettata dai lavoratori stessi,

purché vi sia un fine legittimo da perseguire come ad esempio la salvaguardia dei livelli occupazionali.

Per le motivazioni fin qui richiamate un accordo di prossimità che disciplina in rinuncia alla solidarietà negli appalti non si potrà estendere anche alla parte contributiva e assicurativa per la quale, la responsabilità in solido del committente, resterà totalmente piena ed operante.

D’altro canto è invece possibile una intesa derogatoria con la quale si deliberi la rinuncia al pagamento ai lavoratori dell’indennità di mancato preavviso(obbligazione di natura pecuniaria e quindi negoziabile) purché ci si trovi di fronte ad una comprovata situazione di crisi aziendale tale da incidere sui livelli occupazionali[9].

Dall’attuale situazione emergenziale è emersa la limitatezza del nostro sistema di regole in materia lavoristica, giacché i sussidi previsti, pur avendo una più o meno ampia efficacia, stanno rivelandosi non del tutto appropriati a fronteggiare una tale imprevedibile situazione.

L’elemento chiave per contrastare un momento critico è la m dell’organizzazione aziendale nonché la verifica della flessibilità organizzativa.

Pertanto, il contratto di prossimità è indubbiamente uno strumento cui le imprese possono ricorrere per alleviare la burocrazia sindacale e l’imperatività delle norme nel mercato del lavoro, oltre che reagire attivamente alle minacce esterne e sopperire alle carenze normative.

Ambito di applicabilità dei contratti di prossimità

Nella fattispecie, allo scopo di gestire crisi aziendali o occupazionali, le intese di prossimità possono essere finalizzate a:

1. Modificare l’asset organizzativo;

2. Ridurre l’orario di lavoro con o senza ricorso alle integrazioni salariali;

3.Stipulare un accordo per far fronte ad una specifica crisi economico-finanziaria conseguente, ad esempio, ad un mancato accesso al fondo perduto;

4. Risanare una posizione debitoria rispetto ai fornitori. Riguardo agli investimenti esse potrebbero servire a:

introdurre un nuovo piano di welfare aziendale adeguato alle mutate esigenze personali e familiari dei lavoratori ed assecondare quelle organizzative aziendali, ad esempio facilitare l’acquisto di device per consentire ai figli di seguire le lezioni scolastiche da remoto, interventi a favore della mobilità sostenibile, consulti medici a distanza, ecc.;

realizzare nursery aziendali;

potenziare i livelli di sicurezza e di tutela della salute;

riorganizzare il layout aziendale al fine di favorire il distanziamento interpersonale.

È evidente il contributo migliorativo che i contratti di prossimità potrebbero apportare alle imprese che decideranno di attuarli, ma consisterebbe in una modalità attraverso cui ”curare” temporaneamente la crisi e non in una strategia ben definita diretta al raggiungimento di obiettivi di lungo termine come, nel caso specifico, costruire una solida continuità aziendale che permetta di riuscire a tenere il controllo sulla propria attività, in qualsivoglia situazione di incertezza.

Prospettive per i contratti di prossimità alla luce dell’emergenza da Covid

E allora ha senso che il particolare momento storico che stiamo vivendo incoraggi l’evoluzione

di questo nuovo modello contrattuale anche sotto altri aspetti come:

possibilità per le parti di decidere il salario minimo, data la corrente inderogabilità della retribuzione minima stabilita dal contratto collettivo nazionale stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative;

aumento del salario in proporzione agli incrementi dei livelli di professionalità e produttività (prevedendo ulteriori norme di detassazione);

modalità di svolgimento della formazione professionale;

condivisione degli obiettivi di produttività;

coinvolgimento dei lavoratori nei processi di innovazione e crescita aziendale; inquadramenti dinamici.

Alla luce di quanto detto,risulta necessaria una sostanziale riformulazione dell’intera contrattazione collettiva, della quale si potrebbe preservare l’unitarietà in termini di principi cardini e prestazioni complementari, ma adeguando i restanti aspetti al dinamismo della crisi, data l’ormai originalità di ciascun impresa e di ciascun lavoratore rispetto ad un altro e la superata omologazione di essi che giustificava una così pesante regolazione della disciplina dalla legge o da contratti collettivi nazionali l’uno simile all’altro.

La partecipazione condivisa in progetti di crescita e l’equa ripartizione dei risultati tra imprese e lavoratoricontribuirebbero al miglioramento delle prestazioni sociali per ciascuno dei lavoratori e anche ad eventuali incrementi retributivi rapportati alla maggiore professionalità e produttività, tali da determinare una riduzione del costo del lavoro per unità di prodotto e un aumento dell’occupabilità del singolo lavoratore e, in generale, della forza competitiva dell’impresa.

D’altro canto durante questa epidemia ci siamo anche resi conto che, al netto delle previsioni contenute nel Fondo Nuove Competenze[10], è venuta a mancare una vera politica attiva dell’emergenza Covid che ci auguriamo venga posta in essere al più presto in primis nei confronti delle piccole imprese: i lavoratori, in questa fase di stravolgimento, per essere inclusi attivamente avrebbero bisogno di validi ed inclusivi strumenti per aggiornare il proprio profilo professionale nell’ambito di un mercato del lavoro reso più incerto dall’emergenza epidemiologica mondiale.

***

NOTE

[1] L. n. 148/2011, art.8, comma 1.

[2] Ex art. 19 L. 300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori). [3] Sentenza Trib. di Milano n. 1217/2020.

[4] L. n. 148/2011, art.8, comma 2.

[5] Corte Costituzionale Sent. 221/2012.

[6] Sent. Tribunale di Firenze 528/2019.

[7] Sent. Tribunale di Livorno 182/2018.

[8] Interpello n. 8 del 12 febbraio 2016.

[9] Cass. Sentenza 19660/2019.

[10] Art. 88 D.L. 19 maggio 2020, n. 34.

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