Quando possono essere respinti lo sconto in fattura e la cessione del credito? Fino a quando possono essere recuperati i crediti non spettanti?
Chi vuole beneficiare del superbonus 110% senza riportare la spesa nella dichiarazione dei redditi ma scegliendo cessione del credito o sconto in fattura dovrà fare prima i conti con l’Agenzia delle Entrate.
Le modifiche alla normativa che ha introdotto la regina delle agevolazioni fiscali legate alla casa prevedono dei controlli preventivi che potrebbero mandare a monte tutto il beneficio nel caso in cui ci fosse qualcosa di poco chiaro.
Un meccanismo, a dire la verità, ancora imperfetto ma ad ogni modo in funzione per quanto riguarda il superbonus 110%: così il Fisco può bloccare i pagamenti oppure, dopo qualche anno, bussare alla porta del contribuente per chiedergli di restituire dei crediti inesistenti.
Ovviamente, con gli interessi.
Come noto, per recuperare la spesa relativa ai lavori che rientrano nel superbonus 110% ci sono tre possibilità:
- portare la spesa in detrazione: in questo caso, tramite la dichiarazione dei redditi, i soldi vengono recuperati in un massimo di cinque quote annuali di pari importo;
- la cessione del credito d’imposta;
- lo sconto in fattura.
Sulla prima opzione, il controllo avviene come per qualsiasi altra detrazione fiscale (ristrutturazione, ecobonus, spese sanitarie, ecc.).
Sono le altre due quelle su cui l’Agenzia delle Entrate vuole vederci chiaro fin da subito.
Ecco come il Fisco può bloccare i pagamenti per il superbonus 110%.
Superbonus: come funzionano cessione credito e sconto in fattura?
Chi non ha i soldi da anticipare per i lavori di miglioramento energetico del proprio immobile che danno diritto al superbonus 110% oppure chi non vuole attendere cinque anni per recuperare tutta la spesa tramite la dichiarazione dei redditi può avvalersi delle due alternative proposte dalla legge, cioè la cessione del credito d’imposta o lo sconto in fattura.
La prima opzione consente di cedere il credito d’imposta ad un altro soggetto.
Può trattarsi della banca, di una finanziaria o di chiunque altro, che si tratti di una persona fisica o giuridica. Di norma, ci si rivolge alla banca, che può:
- scontare il bonus di chi ha fatto i lavori rientranti nell’agevolazione;
- fare l’operazione di sconto a favore dell’impresa che ha effettuato gli interventi e si è fatta cedere l’imposta in cambio dello sconto in fattura;
- concedere un finanziamento ponte in cambio della cessione del credito che va a coprire (normalmente solo in buona parte ma non del tutto) la detrazione.
In sostanza, rivolgersi alla banca per fare la cessione del credito significa poter avere subito i soldi per pagare l’impresa, come se si trattasse di un mutuo. S
olo che, anziché restituire il finanziamento a rate per anni e anni, si cede alla banca il credito d’imposta.
Per lo sconto in fattura, è possibile anche cedere il credito all’impresa che ha fatto i lavori in cambio, appunto, di uno sconto che non superi il prezzo totale degli interventi.
Superbonus: il Fisco può bloccare i pagamenti?
Va detto subito che sia per la cessione del credito d’imposta sia per lo sconto in fattura, quando si intende accedere al superbonus 110% occorre:
- prima di tutto, trasmettere telematicamente all’Enea le asseverazioni rilasciate sugli interventi (pratica che deve eseguire il tecnico abilitato che ha firmato il visto di conformità);
- il contribuente dovrà, poi, comunicare la sua scelta all’Agenzia delle Entrate tramite un modello da inviare sulla piattaforma online dell’Agenzia entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono stati pagati i lavori. Chi riceve il credito d’imposta può verificare tramite il proprio cassetto fiscale se è stato versato e deve confermare se lo accetta o lo rifiuta. Tale comunicazione è obbligatoria anche per altre eventuali future cessioni.
Ed è proprio la comunicazione alle Entrate quella attorno a cui si gioca tutto, è quel modulo telematico che può consentire al Fisco di bloccare i pagamenti relativi al superbonus 110%, o meglio ad impedire l’accesso al contribuente al beneficio. Vediamo come e perché.
L’Agenzia delle Entrate, una volta ricevuta la comunicazione relativa alla cessione del credito o allo sconto in fattura, ha la facoltà di fare le sue verifiche sulla correttezza dei dati riportati e sul diritto del contribuente ad ottenere il superbonus.
Nel caso in cui avverta che si tratta di un profilo a rischio, l’Agenzia può sospendere fino a 30 giorni gli effetti della cessione e di quelle eventuali successive.
In pratica, blocca la cessione del credito che sarebbe come bloccare il pagamento agevolato dei lavori.
Quando può decidere il Fisco che si trova di fronte ad un profilo a rischio? Devono essere valutati, tra gli altri, i seguenti elementi:
- la coerenza e la regolarità tra i dati indicati nella comunicazione e quelli che risultano all’Anagrafe tributaria;
- i dati che riguardano la cessione del credito d’imposta e i soggetti coinvolti nell’operazione;
- l’andamento e la regolarità di eventuali precedenti cessioni fatte dallo stesso contribuente.
L’Agenzia si presume legittimata dalla normativa a fare questi controlli preventivi.
Se durante le verifiche si confermano le irregolarità o ci sono gli elementi per sostenere che chi richiede la cessione o lo sconto sia un profilo a rischio, il Fisco ritiene la comunicazione non effettuata.
In pratica, salta tutto. Di questa circostanza viene avvertito sempre, per via telematica, il contribuente che ha inviato la comunicazione all’Agenzia.
Se, invece, tutto fila liscio durante i controlli oppure decorrono i 30 giorni dalla data di invio della comunicazione senza che l’Agenzia si sia fatta sentire, la cessione del credito o lo sconto in fattura acquisiscono piena efficacia.
Superbonus: fino a quando conservare i documenti?
Ecco, attenzione perché il fatto di avere avuto il via libera alla cessione del credito o allo sconto in fattura relativi al superbonus 110% non significa poter buttare via la documentazione.
L’Agenzia delle Entrate può effettuare la propria attività di controllo sia in virtù dei poteri previsti in materia di imposte dirette sia per il recupero delle somme di cui il contribuente ha ingiustamente ottenuto un beneficio (più sanzioni e interessi, ovviamente).
Ciò significa che il Fisco può procedere con un atto di recupero che va notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione delle norme.
Si tratta, in pratica, del termine normalmente previsto per il recupero dei crediti non spettanti (e non dei crediti inesistenti, per i quali la notifica può arrivare fino alla fine dell’ottavo anno successivo alla violazione).
In sostanza, chi ha approfittato illecitamente del beneficio nel 2022 può ricevere la notifica dell’atto di recupero entro il 31 dicembre 2027.